Resta una situazione difficile da gestire, ma risulta assai facile leggere tra le righe: L’Aquila ha registrato una perdita ingente di posti di lavoro e i dati parlano chiaramente; il biennio 2016/18 non ha risparmiato nessuno: 226 lavoratori in meno, di cui 160 solo nel 2018. La dotazione organica del 2014 aveva previsto un quantitativo di 4053 unità lavorative rispetto agli attuali 3223 (contratto a tempo indeterminato). Ci si chiede quali saranno i dati dei prossimi anni.

Le 1107 unità in meno rappresentano una vera e propria emergenza sul suolo aquilano. La carenza di personale certifica un ulteriore sbilanciamento dei costi: siamo passati da 2.252.285 € (2016) a 7.110.001 € (2018); cifre che, purtroppo, si riferiscono ad un uso su larga scala di lavoratori interinali. Sembrerebbe dunque che sia il lavoro precario a ristabilire un equilibrio altalenante e poco rassicurante.

Un appunto sulle pessime condizioni di lavoro: la conseguenza di tali circostanze si ripercuote sulla prestazione sanitaria provinciale, con annesso prolungamento delle liste di attesa e l’interruzione di alcuni servizi fondamentali – es. lo screening mammografico per i tumori alla mammella. Banale pronosticare la chiusura di alcuni reparti durante il
periodo estivo per carenza di personale.

La CGIL Provinciale, la Funzione Pubblica CGIL e il Sindacato dei Pensionati CGIL hanno indetto un presidio pubblico davanti il CUP dell’Ospedale San Salvatore dell’Aquila; l’evento si terrà venerdì 12 luglio dalle ore 10 alle ore 12. Ribadire la necessità di maggiori investimenti sul Sistema Sanitario Pubblico risulta essere al momento fondamentale.

La sfiducia sociale è storia vecchia, ma non lo è mai nel nostro paese, che arranca alle spalle di un Governo virtualmente (e fisicamente) assenteista. Il microcosmo aquilano non è che una piccola metafora di una “gestione all’italiana” che, senza andare per stereotipi, sta assumendo ormai le fattezze di una “legge universale”. La ricerca di benessere spinge gli esseri umani ad identificarlo dove lo si trova, non certo in luoghi dove la natura ha già dato il suo benservito.

Non è un segreto che il sisma 2009 abbia acceso un forte senso di abbandono; eppure la storia dimostra di come ci si possa rialzare e ritrovare la giusta volontà. Tuttavia, il mancato senso etico degli organi politici non può garantire la buona cooperazione, la motivazione necessaria atta a stringere i denti; non ci si meravigli, in proiezione, dell’inefficacia delle istituzioni, che influiranno pesantemente sulla percezione delle generazioni attuali e future. Di questo passo, cosa rimarrà di questa città, se non un pallido ricordo?

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