L’immagine sovrastante è un meme postato dalla pagina Ngulo che strina, che gentilmente ha permesso la sua pubblicazione. Spero che la smania di censura non tocchi anche quel briciolo di satira e umorismo che, perlomeno, ci permette di sorridere anche di fronte a situazioni surreali. Detto ciò e poste le mani avanti, passiamo ai fatti.

Visto che i soldi per il decennale del terremoto li gestisce il Comune, che poi li eroga all’Istituzione sinfonica, il programma degli eventi deve essere concordato con il Comune, cosa peraltro sottoscritta nel verbale del comitato di indirizzo sottoscritto anche dalla Barbagallo. 

Le parole del primo cittadino Pierluigi Biondi stridono come le unghie su uno specchio. Per quale motivo la presenza di Roberto Saviano e Zerocalcare non sarebbero gradite al Festival degli Incontri? Questo episodio assume le fattezze di una risposta sottintesa, benché il tentativo di occultamento del sindaco.

Per la direttrice artistica Silvia Barbagallo si tratta di «voler condizionare il supporto operativo del Comune proponendo l’esclusione di alcuni ospiti a lui sgraditi, tra questi Roberto Saviano e Zerocalcare, chiedendomi un bilanciamento politico del programma, con nomi a lui graditi, esercitando così di fatto una censura politica sugli indirizzi culturali».

Di censura si tratta in tutti i sensi e su questo c’è poco da discutere; sarebbe piuttosto imbarazzante, in linea con una decisa onestà intellettuale, dichiarare il contrario. Di fatto, lo scenario è abbastanza delineato: chiunque ricorderà, in particolare, gli scontri tra Roberto Saviano e Matteo Salvini; e forse, come me, qualcuno avrà immaginato – con tutte le libertà che la fantasia concede – un delineato collegamento di natura ideologica. Forse un parallelo, forse una dimostrazione di “lealtà”; chi sono io per assumerlo? Magari esagero.

La risposta di Saviano non si è fatta attendere, che sui social dichiara:

A L’Aquila, prima del terremoto, c’era più di uno studente ogni tre abitanti. E’ una città che ha costruito la sua identità sulla cultura e dalla cultura deve ripartire per recuperarla. Mettere frontiere, paletti, bilance alla cultura significa svilire L’Aquila e il suo spirito accogliente. Significa impedire che L’Aquila sia centrale, torni centrale, in un Paese come il nostro che troppo spesso dimentica le tragedie.

Il punto del discorso, comprenderà il lettore, non è tanto se Saviano possa stare antipatico o meno; medesima premessa per Zerocalcare, che di rimando subisce una restrizione senza alcun tipo di motivazione precisa.
Il punto è, al contrario, la soppressione culturale a cui assistiamo. Un programma come il Festival degli Incontri stila non solo una bella iniziativa, ma un evento stimolante e audace, che apre al confronto e che pone l’accento sulla cura del pensiero.

Un’esperienza forgiante per un adolescente quanto per un adulto, per il cittadino che tuttora vuole vincere il vincolo dell’ignoranza, uscire dalle quattro mura della sua realtà; esplorare una dimensione che non gli venga volutamente “iniettata”, ma concernente una libera scelta, la base della ragione e del buon costume.

Un mondo indisposto verso il confronto è un mondo inetto e sterile, debole su certezze apparenti, che non impara, non assimila, ma sacrifica.
Se il sindaco Biondi, nella sua posizione, è ben disposto ad ignorare il vantaggio culturale, è libero di farlo, perché la libertà, soprattutto di parola, è un diritto; tuttavia, è anche una responsabilità.

Se l’intenzione del primo cittadino è quella di chiudere la serratura della sua dimora, è più che giusto che lo faccia; a patto, però, che non trascini con sé il resto della cittadinanza.

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