La foto sovrastante rispecchia solo una parte delle condizioni nelle quali proseguiva lo Street Food Time Mountain Edition; evento allegro, funzionale alla comunità, come un qualsiasi street food che si rispetti. Proprio oggi, domenica 6 ottobre, la sua conclusione, ma i rimasugli sono già perfettamente visibili; in particolar modo durante le ore notturne, in cui, giustamente, aumenta considerevolmente la mole di visitatori.

Ormai la problematica “spazzatura” è per L’Aquila una sorta di leggenda nordica o un canto popolare maledetto, di quelli che non puoi stornellare quando vuoi; una sorta di “mascotte figurata”, immancabile nella nostra cittadina e di cui nessuno si vuole realmente occupare. Non è bastata l’aggiunta di qualche cestino per eliminare il problema dei rifiuti: certo, le modifiche di facciata davano l’idea di una città finalmente conscia del proprio status – i lavori al Parco del Castello o i bidoni di Piazza Duomo. Bicchieri a destra, bottiglie a sinistra…è certo che manchi un po’ di educazione civica e su questo c’è poco da ribattere; altrettanto vero, però, quanto sia importante fornire soluzioni ai cittadini, affinché il giusto rimprovero non diventi l’ennesimo pilastro dell’ipocrisia.

Partiamo da una considerazione logica: quali sono le basi portanti di uno street food? Prima di tutto la location: ottima scelta; la Villa Comunale si presta perfettamente ed il gioco di luci rende il tutto decisamente godibile.
Il secondo punto riguarda l’organizzazione interna, che naturalmente si basa soprattutto sul suolo selezionato; uno street food è fatto per mangiare e bere, per cui serviranno tavoli, panche (ci sono, molto bene) e, perché no, qualche cestino. D’altronde, ogni boccone presupporrà una o più cartacce, bicchieri di plastica, bottiglie, contenitori e tovaglioli di vario genere.

Qui termina la mia analisi, forse troppo in anticipo; dobbiamo arrestare la nostra corsa, poiché il tema “spazzatura” resta il problema principe. Discutibile il fatto che in un evento simile non ci sia il giusto numero di cestini o del personale atto a svuotarli ogni range di tempo. Com’è possibile? E’ uno street food. Gente che si nutre, di numero variabile e di certo non trascurabile. Come può non essere tra le basi dell’organizzazione?

Le foto che il lettore potrà osservare riguardano una parte della Villa Comunale. Alcuni secchi erano stati da poco svuotati, ma decisamente pochi rispetto al totale; senza contare si parli di raccolta differenziata, per cui, causa mancanza bidoni, accessibilità per un verso, ma non per l’altro. Lo stesso cittadino potrà averlo constatato dal 4 di questo mese, data di apertura dell’evento.
Inoltre torniamo sul solito problema, che di certo non si presenta ora sulle tracce dello street food: il centro è nelle medesime condizioni.

Pochi cestini, molta spazzatura; Piazza Chiarino ne è un esempio, ma anche lungo il corso principale, nelle ore più “calde” della notte, lo spettacolo è il medesimo: cestini straripanti.
Alcuni locali mettono a disposizione i propri sacchi, cosa che ha notevolmente migliorato le condizioni di alcune strade a fine serata. D’altronde devono farlo o ne pagherebbero le conseguenze, dato che l’argomento “spazzatura” resta ancora in voga, nonostante la poca mobilità dell’amministrazione a riguardo.

Il deturpamento cittadino è un argomento serio; ne va del decoro – basico – della città. Specialmente se il sindaco parla di “città aristocratica”, anche se di aristocratico vedo ben poco. Sarà una mia percezione.
Parliamo ancora dello street food. Mi sovviene un esempio piuttosto calzante, affinché non si cominci a parlare a sproposito di costi, burocrazia e specchietti per le allodole tanto di moda nel paese: due anni fa partecipai al Rock Werchter, uno dei festival musicali per eccellenza; neanche a dirlo, si tiene ogni anno a Werchter, in Belgio.

Tra le tante iniziative interne al festival – affinché il suolo considerato mantenesse un certo standard igenico -, mi è rimasta impressa, più che altro, una particolare organizzazione esterna; infatti, lungo le transenne designanti gli ingressi principali, giacevano dei sacchi neri.
Semplici sacchi neri, agganciati a un paio di metri di distanza gli uni dagli altri; nessuna tecnologia avanzata, decreto legge particolare, polizia antisommossa. Semplici sacchi neri lungo le strade cittadine.

Morale della favola: la soluzione più semplice è spesso la migliore. Educare il cittadino richiede una costanza nell’intercedere quotidianamente; rimproverarlo serve a poco. “Fregarlo”, con qualche cestino in più, è meno faticoso.

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