Dal 18 al 23 novembre, Firenze ha ospitato, come ogni anno, il festival della filosofia; evento organizzato dal direttore Guido Giacomo Gattai e opera del Movimento Culturale Hyronista. L’associazione organizza inoltre eventi e attività per tirocinanti universitari e liceali (il “Sofos” – https://progettosofos.com/), condividendo vere e proprie esperienze in ambito filosofico e organizzativo. Un contesto piuttosto differente da tanti tirocini, soprattutto inerenti all’alternanza scuola-lavoro.
Il FilosoFestival ospita numerosi relatori, tra insegnanti e filosofi contemporanei, i quali avranno il compito di snocciolare un proprio tema alle scolaresche partecipanti. Sono numerose le scuole che ogni anno aderiscono all’iniziativa e certamente si presenta come un’alternativa culturalmente appropriata.
Per far sì che il mio resti solo un appunto, aggiungo velocemente di essere stato uno dei relatori di quest’anno e di aver collaborato presso l’associazione per diversi anni. Motivo per cui, “conosco i miei polli”.
Consiglio la visita del link (https://filosofestival.com/2019/09/19/filosofestival-2019/).
Di base, il mio intervento non è solo un tentativo di sponsorizzazione, ma una riflessione accurata, concernente l’organizzazione di eventi simili. Mi accingerei a fare un confronto con la nostra cittadina e vi assicuro che sarà meno scontato di quanto si possa immaginare; benché si parli di Firenze, una delle capitali culturali d’Italia, nulla ci vieta di ragionare in termini di spirito d’iniziativa e ricerca culturale. Di fatto, L’Aquila dimostra di avere un peso culturale piuttosto cospicuo, ma decisamente poco valorizzato – problematiche sociali e amministrative permettendo.
Sarò sincero con il lettore sottolineando la mia svogliatezza nel ribadire nuovamente concetti legati al terremoto; non lo trovo particolarmente funzionale e, soprattutto, da qualche parte bisogna pur ripartire. E che ne dire della cultura? Vista che la nostra, a detta di qualcuno, è una “città aristocratica”? Ma bando alle battute.
Il FilosoFestival si presenta come un avvenimento decisamente “fattibile”. Passatemi il termine quando la definisco una circostanza di “facile” organizzazione: intendo, in particolar modo, il suo disegno, la struttura dell’evento in sé. Stiamo parlando di due relatori/docenti a mattinata, i quali esibiscono il loro sapere alle classi presenti; l’organizzazione è faticosa nella gestione, come del resto per ogni evento di tal genere che si rispetti. Tuttavia, sul piano tecnico e concettuale, non c’è niente di più pragmatico.
Ed è qui che, casualmente, mi è balenato un pensiero: quanto sarebbe realizzabile in una città come L’Aquila?
A mio avviso, non ci vedo nulla di particolarmente complesso, se non nella chiarificazione dei personali interessi: difatti, gli unici motivi per cui, solitamente, eventi di questo genere non hanno presa, derivano soprattutto da una sponsorizzazione mancata (o superficiale) e un interesse amministrativo nullo. Tuttavia, resto dell’idea che potrebbe essere considerata come una possibilità proficua, soprattutto per gli studenti universitari o esterni all’ambito scolastico – i quali possono comunque accedere pagando un biglietto a parte.
Si parla di iniziative capaci di “risvegliare” un interesse assopito, la curiositas che in epoca contemporanea cerca di risorgere dalla spessa coltre qualunquista e provinciale. In soldoni, non serve abitare nel ridente capoluogo toscano per ambire a qualcosa del genere, ma basterebbe quel briciolo di coinvolgimento in più. Un cittadino che si avvicina alla cultura è un cittadino che guarda oltre e respira; perché l’amministrazione di una qualsiasi locazione non dovrebbe volerlo per i propri abitanti?
Mi rendo conto di quanto quest’ultima non risulti essere una domanda banale, soprattutto in Italia. Eppure la speranza resta: questo piccolo cassetto apertosi nella mia mente mi suggerisce che anche l’immaginazione possa incappare in un riscontro reale.
Non ho soprattutto voglia di guardarmi indietro, per assistere nuovamente ad esempi di tutt’altra caratura, come lo spiacevole “equivoco” del Festival degli Incontri; ma non è mia intenzione girare il coltello nella piaga. Al contrario, sottolineare invece la possibilità di recuperare.
Magari sarà per il prossimo anno. Chissà! Intanto, ecco il modesto suggerimento di uno che gioca troppo con la tastiera.