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Politica

Meloni: “Fiera che con il mio governo il tasso di disoccupazione femminile sia il più alto di sempre”

Durante un recente intervento in video collegamento per la chiusura della campagna elettorale in Emilia-Romagna, la premier Giorgia Meloni ha fatto una dichiarazione che ha sollevato un acceso dibattito. “Sono fiera che con me il tasso di disoccupazione femminile sia il più alto – al posto di basso – di sempre”, ha affermato, incappando in un lapsus che ha immediatamente attirato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. La frase, sebbene frutto di un errore, ha messo in luce una questione cruciale: la situazione occupazionale delle donne in Italia e le politiche del governo in materia di lavoro.

Il lapsus della Meloni è stato interpretato da molti come un segnale della complessità della situazione lavorativa femminile nel paese.

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Infatti, nonostante i progressi registrati negli ultimi anni, l’Italia continua a presentare uno dei tassi di occupazione femminile più bassi dell’Unione Europea, pari al 55%, ben al di sotto della media europea del 69,3% (Eurostat 2022). Questa disparità è aggravata da fattori come la segregazione occupazionale e le responsabilità familiari che ricadono in modo sproporzionato sulle donne.

La premier ha cercato di difendere il suo operato, sottolineando i risultati ottenuti dal suo governo nel promuovere l’occupazione femminile.

Tuttavia, le critiche non si sono fatte attendere. Molti osservatori hanno evidenziato come la disoccupazione femminile sia stata influenzata da vari fattori, tra cui la pandemia di COVID-19, che ha colpito duramente i settori in cui le donne sono maggiormente impiegate, come il turismo e i servizi.

I dati recenti mostrano che, sebbene ci siano stati miglioramenti nell’occupazione femminile, le difficoltà rimangono evidenti.

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Secondo un’analisi della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, a gennaio 2024 le donne occupate in Italia superavano i 10 milioni, con un incremento significativo tra le lavoratrici più adulte. Tuttavia, la fascia di età 35-44 anni ha registrato un calo del 12% nella partecipazione al mercato del lavoro. Questo fenomeno riflette non solo l’invecchiamento della forza lavoro femminile ma anche le sfide legate alla conciliazione tra vita professionale e responsabilità familiari.

Inoltre, il paradosso è evidente: nonostante le donne italiane siano mediamente più istruite degli uomini – con il 65,7% delle donne tra i 25 e i 64 anni aventi almeno un diploma – continuano a guadagnare meno e a essere più frequentemente disoccupate. Questo divario occupazionale si amplifica ulteriormente dopo la maternità; infatti, nei due anni successivi al parto, la probabilità che una donna smetta di lavorare raddoppia.

In risposta alle difficoltà occupazionali delle donne, il governo Meloni ha introdotto alcune misure nel campo del welfare e dell’occupazione.

Tra queste spicca la riforma fiscale che prevede una riduzione del cuneo contributivo per i redditi fino a 35 mila euro. Questa misura è stata pensata per aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e potrebbe avere un impatto positivo anche sulle donne lavoratrici con figli.

Tuttavia, molti esperti avvertono che queste misure potrebbero non essere sufficienti per affrontare le radici profonde della disoccupazione femminile. È necessario implementare politiche più incisive che favoriscano l’accesso delle donne al mercato del lavoro e combattano la discriminazione di genere. La mancanza di servizi per l’infanzia di qualità e l’assenza di politiche attive per la conciliazione tra vita professionale e familiare rimangono ostacoli significativi.

La dichiarazione della Meloni ha riaperto un dibattito importante sulla condizione delle donne nel mercato del lavoro italiano. Molti si chiedono se il governo stia facendo abbastanza per affrontare le problematiche legate alla disoccupazione femminile e se le misure adottate siano effettivamente efficaci.

Inoltre, è fondamentale considerare come la comunicazione politica possa influenzare l’opinione pubblica su temi così delicati. Il lapsus della premier potrebbe essere visto come un’opportunità per riflettere su quanto sia importante una comunicazione chiara e precisa riguardo a questioni sociali cruciali.

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