
Cosa succede dopo la morte?
Ma soprattutto, cosa significa smettere di vivere?
Per Tony la vita si è conclusa quando il cancro ha portato via la moglie Lisa.
Da allora si trascina di giorno in giorno, vivendo in quello che per lui è un inferno terrestre – anche se forse ricorda più un purgatorio.
Una storia di tragica normalità.
Siamo a Tambury, una piccola città della provincia inglese in cui le giornate di Tony trascorrono una uguale all’altra: sveglia, passeggiata con l’affezionatissimo cane, lavoro presso il giornale locale, seduta dallo psicologo, visita al padre malato di Alzheimer, serata in casa bevendo e riguardando in loop i video registrati dalla defunta Lisa, tra sorrisi amari e lacrime di pura disperazione.
Mantenere dei rapporti civili con gli altri non rientra più negli interessi di Tony, che si mostra cinico e passivo-aggressivo nei confronti di tutti, anche di amici e parenti.
In breve, questo è il contenuto di After Life, la serie Netflix scritta, diretta e interpretata dal britannico Ricky Gervais, iniziata nel 2019 e attualmente alla sua seconda stagione.
Forse conoscete già questo autore: si tratta di uno degli stand-up comedian più politicamente scorretti di sempre, oltre che il creatore della prima, storica versione di The Office.
Gervais ha sempre fatto del black humour il suo marchio di fabbrica: in ogni suo lavoro le risate si accompagnano a profonde riflessioni sul senso delle azioni umane, il tutto condito da una spietata critica sociale e di costume.
Ciò è riscontrabile anche in After Life: la sensazione che l’autore stia parlando per bocca del protagonista – interpretato dallo stesso Gervais – è costante; l’umorismo che contraddistingue il comico è presente nella maggior parte dei dialoghi – anche nei momenti più inaspettati.
Nonostante la profonda drammaticità della vicenda, infatti, le risate non mancano.
A detta di Gervais, questo è il suo lavoro più oscuro e senza compromessi, sia in termini di trama che di acidità delle battute.
Ma la serie punta a molto di più che a suscitare ilarità: guardandola è possibile provare continui cambi di emozione, spesso passando dalla risata al disagio alla malinconia alla disperazione nel giro di pochi secondi.
Tra la commedia nera e il dramma.
Il tema della rassegnazione alla vita dopo il lutto viene esplorato gradualmente, grazie ad un sapiente uso delle interazioni tra il protagonista ed un cast secondario ricco di caratteri molto diversi tra loro.
Con ogni dialogo, infatti, si va pian piano a ricomporre il mosaico della (precedente) vita di Tony, che a sua volta si trova costretto a guardarsi allo specchio e a crescere insieme allo spettatore.

La natura altamente riflessiva della serie si rispecchia anche nell’utilizzo delle musiche (con arpeggi di chitarra delicati quanto malinconici) e di una fotografia dai colori tenui – eccezion fatta per la luce naturale, che riesce a trasmettere una grande sensazione di calore.
Tutti questi elementi agiscono in modo da restituire la piccola città di Tambury come un luogo sospeso tra spazio e tempo, quasi fantastico nel suo realismo.
L’atmosfera creata da Gervais e collaboratori ricorda quella di una passeggiata solitaria nel parco in un tramonto d’estate.
Malinconia e risate giocano tra loro, mettendo in luce le aree di grigio tra il nichilismo più totale e la celebrazione della vita – sia la propria che quella degli altri.
Entrambe le stagioni di After Life sono disponibili ora su Netflix, in lingua sia originale che italiana.