Sono passati quasi nove anni dall’ultima, eclatante caduta del Cavaliere.
Nonostante il sole sia ormai tramontato sulla sua carriera politica, Silvio Berlusconi rimane un personaggio che ha lasciato un segno indelebile nella Storia della Repubblica italiana.
Da sempre controverso, è stato amato, odiato, ammirato e deriso.
Se c’è una cosa su cui si è tutti d’accordo è che si tratta di un personaggio affascinante e avvolto da una certa aura di mistero, soprattutto per quanto riguarda alcuni punti chiave della sua carriera di imprenditore e di uomo politico.
Dopo tutti questi anni, quanto possiamo dire di conoscere Berlusconi?
Netflix raccoglie alcuni dei documentari più interessanti sul Berlusca; di seguito trovate tre proposte per approfondire la conoscenza di un uomo che, volenti o nolenti, ha segnato vent’anni della nostra vita, e il cui spettro aleggia ancora oggi sulla scena politica italiana.
Ognuno di essi ne presenta uno spaccato diverso, cosa che permette di ricostruirne un’immagine complessa ed edificante per chiunque – detrattori, sostenitori, nostalgici e semplici curiosi.
1) My Way: the Rise and Fall of Silvio Berlusconi (2015)

Basato sulla biografia autorizzata scritta dal giornalista americano Alan Friedman, My Way aveva fatto parlare di sé già alla sua prima uscita.
25 interviste a tu per tu con l’ex-presidente portano lo spettatore in un viaggio che ripercorre l’intera vita di Berlusconi, attraverso domande che lo mettono spesso in evidente difficoltà.

L’autore della biografia viene condotto in un tour della leggendaria tenuta di Arcore, in cui si scoprono ricordi e cimeli del Cavaliere – con una certa ostentazione e storie spesso poco convincenti.
Numerosi gli interventi da parte dei sostenitori storici – ad esempio Fedele Confalonieri – e degli oppositori di sempre – come Antonio Ingroia.
Il documentario è evidentemente indirizzato ad un pubblico internazionale, motivo per cui può talvolta risultare ridondante per uno spettatore italiano; tuttavia, l’analisi del personaggio è svolta con grande cura e imparzialità.
Se vi aspettate di far finalmente luce sui punti più oscuri della carriera di Berlusconi, rimarrete delusi: il film lascia decisamente più domande che risposte, soprattutto per quanto riguarda i sospettati collegamenti con la mafia e le origini del patrimonio del magnate milanese.
Il punto di forza di My Way risiede nello scoprire, poco a poco, la forte discordanza tra l’immagine che il Cavaliere ha di sé stesso e quella costituitasi nell’immaginario collettivo.
La visione è raccomandata soprattutto a chi si sta approcciando a questa figura da poco e a chi vuole meglio capire come il ventennio berlusconiano ha contribuito a plasmare l’Italia di oggi – in particolare il modo di fare politica.
2) Silvio Forever (2011)

Per molti versi, Silvio Forever è l’antitesi di My Way.
Anzi, lo è dichiaratamente.
Questo docufilm, diretto da Roberto Faenza e Filippo Macelloni, si pone già dalla locandina come “autobiografia non autorizzata di Silvio Berlusconi”.
In che senso, dite? Beh, lo spiegano i titoli di testa:
“In questo film ogni parola detta dal protagonista è tratta da interviste, comizi e dichiarazioni pubbliche”.
Insomma, anche qui è il Cavaliere in persona a raccontare la sua vita – dall’infanzia alla caduta del 2011.
Il proposito è lo stesso che si era prefissato Friedman, ma la modalità narrativa è decisamente diversa.
Il tono è decisamente più ironico di quello avvertito in My Way, anche grazie alla voce narrante di Neri Marcoré, che mette in scena (anzi, in audio) un’imitazione del protagonista capace di aumentare ancor di più la credibilità dell’opera.
Il fiore all’occhiello di Silvio Forever, tuttavia, è rappresentato dal magistrale montaggio; i materiali messi insieme da Faenza e collaboratori, pur non essendo in ordine cronologico, fanno scorrere la narrazione biografica in modo chiaro e puntuale.
Dichiarazioni pubbliche, interviste e confronti memorabili (da Enzo Biagi a Roberto Benigni), intercettazioni telefoniche; la quantità e la varietà delle testimonianze raccolte è davvero impressionante.
Attraverso queste, si ottiene un ritratto molto umano dell’ex-presidente, che per molti versi è lo specchio dell’Italia in diversi periodi della sua Storia.
Si ride, si riflette, si impara molto su come Berlusconi abbia costruito la sua immagine, il suo impero imprenditoriale e la sua visione politica; tuttavia, anche qui rimangono aperte molte domande – ma in fondo non si tratta di un’inchiesta.
3) Belluscone: una storia siciliana (2014)

Chiudiamo questa breve lista con il documentario che, tra i tre presentati, possiede il più spiccato spirito investigativo.
Belluscone: una storia siciliana è l’ultima opera di Franco Maresco; il progetto, abbandonato in corso d’opera, è stato ripreso dall’amico Tatti Sanguineti, che ha cercato quanto più possibile di rispettare la poetica del regista siciliano.
L’approccio narrativo si discosta molto da quelli di My Way e Silvio Forever. Stavolta nessuna biografia: Maresco parte da un territorio a lui familiare – la sua Palermo – per analizzare il forte legame tra la gente del luogo e Berlusconi.
La ricerca inizia – abbastanza inaspettatamente – da due artisti neomelodici e dal loro manager, il berlusconiano e “nostalgico della mafia di un tempo” Ciccio Mira.
Da qui parte una lunga e complessa serie di ricerche, le quali suggeriscono che sotto l’attaccamento della popolazione palermitana a Berlusconi si nascondono legami che vanno ben oltre la semplice ammirazione.
Vengono tirati in ballo magistrati, cantanti, mafiosi pentiti, semplici cittadini – nel bestiario c’è veramente di tutto.
In tutto ciò si respira sempre un’aria di profonda riverenza e timore nei confronti della mafia – di cui personaggi come Ciccio Mira preferiscono sempre non parlare.
Si vanno anche a riesumare alcune vecchie vicende riguardanti alcuni collaboratori del Cavaliere; ad esempio, si approfondisce la controversa assunzione del killer Vittorio Mangano come stalliere di Arcore.
Lo scopo è di far luce su quali fossero i ponti che collegavano – e probabilmente collegano ancora – Cosa Nostra a Milano; quanto è coinvolto Berlusconi, e in che modo?
La ricerca è costantemente ostacolata dalla poca collaborazione di molti testimoni chiave, al punto da far desistere lo stesso Maresco dal portare a termine l’inchiesta.
Sanguineti, rimettendo insieme i tasselli del puzzle, fornisce nuovamente più domande che risposte; ma al contrario delle opere viste finora, qui i quesiti sono molto più precisi e particolari, e si intravedono addirittura delle (mezze) risposte.

Nonostante la serietà degli argomenti trattati, il film si percepisce come molto leggero, grazie al pungente umorismo di Sanguineti, sempre pronto a commentare con efficace sarcasmo i comportamenti degli intervistati e le situazioni analizzate – che effettivamente risultano, spesso e volentieri, grottescamente comiche.
Belluscone è particolarmente raccomandato a chi si interessa non solo del personaggio (che rimane quasi sempre una presenza dietro le quinte), ma anche dei legami tra mafia e politica, che – ahimè – hanno sempre compromesso il corretto funzionamento della macchina statale repubblicana.