La tradizione al tempo del Coronavirus è uno degli aspetti sociali più colpiti dell’emergenza pandemica.
Ogni paese del mondo subisce le pesanti conseguenze di una festività vanificata, dalle processioni alle occasioni goliardiche, senza esclusione di colpi. Il nostro Paese è certamente fra i più colpiti, sia per l’aspetto prettamente economico che puramente psicologico.
Il cittadino si trova in balia degli eventi: non può uscire di casa, omaggiare la cerimonia della propria regione o frazione, poiché ogni attività di tal genere richiede espressamente una forma di assembramento.
Invito il lettore a questa riflessione: Covid-19 e cultura non vanno decisamente di pari passo; il peso di queste restrizioni si fa sì sentire nel quotidiano, ma non manca di sdegnare occasioni di ritrovo più ampie, in cui è il sentimento comunitario a fare da padrone.
Un piccolo esempio del mio territorio: L’Aquila si appresta a trovare una modalità di celebrazione idonea per la Pentecoste del 30 maggio. Il giorno successivo, ilCardinale Arcivescovo Giuseppe Petrocchi presiederà la messa solenne nella Chiesa di San Mario; seguirà una celebrazione presso la Chiesa di Santa Maria del Suffragio, presieduta dalCan. Sergio Maggioni. Entrambe, tuttavia, in diretta streaming.
Come sovrascritto, la difficoltà della celebrazione riguarda sia cerimonie religiose che le più disparate tradizioni regionali e provinciali. Un dramma da ogni punto di vista, se consideriamo alcune festività come veri e propri pilastri di numerose realtà italiane.
Ogni cerimonia passa per una problematica di contagio, un assembramento di troppo, la negazione della preghiera o di un brindisi.
Forse alcuni faranno fatica ad immaginare la gravità della faccenda e non terranno conto dello spirito culturale nazionale; sembra un discorso esagerato, se infatti consideriamo che non tutti apprezzano occasioni simili allo stesso modo. Per molti cittadini si tratta di pura formalità, uno specchietto per le allodole, forse anche sacrificabile.
O forse era così prima della pandemia.
Chissà se valuteremo, in futuro e in altro modo, ogni festività come un rinnovato lasciapassare per una boccata d’aria, oggi come oggi tutt’altro che trascurabile; l’interazione potrebbe assumere un altro sapore.
Invito il lettore a concepire la fragilità della percezione umana, capace di mutare drasticamente e influire sull’opinione soggettiva; ciò che si da per scontato può diventare perfino un mantra, a volte.
La noia manifestata in passato, di fronte all’annuale celebrazione culturale, assumerà voluttà rinnovata e differente, un piacere per i sensi, anche solo per la possibilità comunicativa elargita da essa.
Un brindisi non sarà più un semplice rito, ma l’occasione per ascoltare il vociare della folla, mentre godiamo di quella piccola dimensione di giubilo offertaci dalla cultura popolare.
Per una piccola dimensione come L’Aquila certi valori si colgono al volo, ma, da questo punto di vista, l’Italia è l’Italia.
E l’Italia, fondamentalmente, è la culla dell’assembramento.