Ve lo ricordate “fate l’amore non fate la guerra”? E’ quello. Anche perché noi ristoratori saremo tra gli ultimi a riaprire e allora noi, con umiltà, vi diciamo: state a casa e cucinate, mangiate […]. Ci ingrasseremo? E vabbè, dimagriremo dopo. Improvvisate, usate la fantasia, non è grave se una cosa non viene bene; recuperiamo tutti la funzione associativa della tavola, il valore morale del convivio.
Cosa intende lo chef William Zonfa con «meglio fare il pane che andare dallo psicologo»? Cerchiamo di chiarire il punto del professionista, evitando, così, eventuali fraintendimenti.
Chiaramente, Zonfa non sta invitando, chi ne ha bisogno, ad abbandonare lo psicologo; al contrario, invita a stimolare l’immaginazione.
La cucina, in effetti, è proprio questo: la rappresentazione di ciò che il nostro corpo può fare, la proiezione di un legame aperto tra l’abilità e la più banale biologia del nutrimento.
Platone considerava la cucina una tèchne (dal greco, “tecnica”), ossia la possibilità di “produrre qualcosa”; oggi la ristorazione ha fatto passi da gigante e si può tranquillamente parlare di “arte culinaria”, nel senso più ampio del termine. Tuttavia, la tradizione, il senso più primitivo dell’attività casalinga, resta la radice di ogni cosa.
La cucina stimola il proprio senso artistico: la capacità di vedere oltre gli ingredienti, il cui cerchio trova la sua completezza nella soddisfazione del palato.
Come suddetto, il tratto biologico è fondamentale: stiamo parlando di un approccio totalmente naturale, ciò che concerne l’alimentazione; eppure, tale base è tutt’altro che banale, se affiancata al peso attuale della quarantena.
La difficoltà del “vivere con noi stessi” può essere “sfogata” in modi numerosi: una preoccupazione, una forma d’ansia, possono passare in una volata; a volte, invece, impiegano molto più tempo, poiché nulla è in grado di compensare il vuoto emotivo di quel frangente.
Come riempirlo? I metodi possono essere numerosi e, certamente, anche parlare con qualcuno può aiutare; tuttavia, trovare il bandolo della matassa in cucina è un’idea da non sottovalutare. Uno chef come William Zonfa ne è conscio, ma non serve essere professionisti per ritrovare l’ago della bussola; nessuno vi chiede di “avere passione” o seguire qualche altro stereotipo, ma piuttosto di vivere il momento della preparazione.
La scelta degli ingredienti, la cura nelle dosi, l’occhio sul punto di ebollizione; unire spezie, aromi mai usati e che mai avreste preso in considerazione; cucinare qualcosa che mai il vostro dietologo avrebbe contemplato, avvertire fino in fondo la soddisfazione di una creazione.
Molto più di un passatempo. Molto più di un semplice “tenere la mente occupata”: è pura immaginazione.
A volte, la più semplice delle pratiche è la ricetta conclusiva di ogni dispiacere; e se mai arriverà quel chilo di troppo, bè: un barlume di spensieratezza ha sempre il suo peso.