Manovra 2026: Sigarette Più Care e Detassazione per i Dipendenti Pubblici

Il governo Meloni ha approvato la legge di bilancio per il 2026 che prevede misure tanto attese quanto controverse. Tra le novità principali spiccano l’aumento graduale del prezzo delle sigarette e l’estensione ai dipendenti pubblici della detassazione sui premi di produttività, finora riservata esclusivamente al settore privato. Una manovra da 18,7 miliardi di euro che punta a garantire nuove entrate per lo Stato mentre cerca di preservare il potere d’acquisto dei lavoratori, ma che ha già sollevato polemiche e perplessità.
Sigarette Più Care: “Poco Poco, Ma Sì”

“Poco poco, ma sì”. Con questa formula sibillina, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha confermato durante la conferenza stampa di presentazione della manovra che dal 1° gennaio 2026 il prezzo delle sigarette aumenterà. Tuttavia, dietro l’apparente leggerezza dell’annuncio si nasconde un incremento che nel giro di tre anni potrebbe risultare tutt’altro che trascurabile.
La misura prevede infatti un aumento graduale e progressivo distribuito tra il 2026 e il 2028, con un effetto cumulato che potrebbe raggiungere fino a 1,5 euro a pacchetto entro la fine del triennio. Nel dettaglio, si parla di pochi centesimi nei primi due anni, per poi arrivare a un incremento più sostanzioso nel 2028, quando l’effetto cumulato diventerà significativo soprattutto sui prodotti più costosi.
L’aumento riguarderà tutte le tipologie di prodotti da fumo: sigarette tradizionali, trinciati, sigari e, in misura minore, anche sigarette elettroniche e liquidi da svapo. La variazione sarà legata all’adeguamento delle accise, una delle componenti che insieme all’IVA, ai ricavi dei produttori e all’aggio dei rivenditori determina il prezzo finale del tabacco.
Il meccanismo è stato inserito nella revisione del calendario fiscale pluriennale del tabacco e punta a garantire nuove entrate strutturali per lo Stato. Secondo le stime del Ministero dell’Economia e delle Finanze contenute nel Documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles, il gettito aggiuntivo legato al comparto del tabacco dovrebbe aggirarsi intorno ai 200 milioni di euro annui. Una cifra relativamente modesta rispetto ai circa 10 miliardi di euro che lo Stato già incassa annualmente dalla vendita di sigarette, ma comunque utile per contribuire al piano di contenimento della spesa pubblica e alla copertura della legge di bilancio.
Una Misura Controversa tra Salute e Gettito
L’aumento del prezzo delle sigarette è una questione che crea sempre discussione e divide l’opinione pubblica. Da un lato ci sono i fumatori che si sentono “tartassati” dallo Stato, dall’altro chi non fuma e vede nell’incremento del costo del tabacco sia un metodo per disincentivare il fumo sia un modo per lo Stato di incassare risorse da destinare alle spese sanitarie causate proprio dal tabagismo.
Infatti, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ha recentemente suggerito di aumentare di ben 5 euro il prezzo del pacchetto di sigarette con una duplice finalità: ridurre il consumo di tabacco, e quindi il numero di morti dovute al fumo, e contemporaneamente aumentare fino a 13,8 miliardi di euro il gettito da destinare esclusivamente al sostegno del Servizio Sanitario Nazionale, tramite una tassa di scopo.
La proposta governativa risulta quindi molto più moderata rispetto alle richieste del mondo medico-scientifico, ma comunque rappresenta un segnale nella direzione di una maggiore pressione fiscale sui prodotti del tabacco. Tuttavia, come hanno sottolineato fonti ministeriali, l’impatto reale sui prezzi dipenderà dalle politiche dei singoli produttori, che potranno decidere se e come trasferire integralmente l’aumento ai consumatori.
Detassazione per la Pubblica Amministrazione: Una Novità Storica
L’altra grande novità della manovra riguarda i dipendenti pubblici, che per la prima volta potranno beneficiare della detassazione sui premi di produttività, una misura finora riservata esclusivamente al settore privato. Come emerge dal Documento programmatico di bilancio inviato a Bruxelles, anche per i circa 2,6 milioni di lavoratori della Pubblica Amministrazione arriverà la tassa piatta al 10% su una quota dei premi di risultato legati alla produttività e alla performance.
La misura, introdotta in via sperimentale per un anno, mira a ridurre il divario retributivo tra pubblico e privato e ad aumentare l’attrattività della Pubblica Amministrazione, settore che negli ultimi anni ha sofferto di una crescente difficoltà nel reclutare e trattenere personale qualificato. Il beneficio dovrebbe applicarsi a redditi fino a circa 70.000 euro lordi e potrebbe rappresentare un vantaggio concreto per molti dipendenti statali.
Per comprendere la portata dell’innovazione, bisogna considerare che attualmente nella Pubblica Amministrazione i premi di produttività – ossia la parte variabile dello stipendio legata al raggiungimento di risultati o obiettivi specifici – sono tassati come reddito ordinario da lavoro dipendente, quindi con aliquote IRPEF progressive che vanno dal 23% al 43%, senza alcuna agevolazione.
Con la nuova misura proposta nel Dpb 2026, una quota di questi premi potrà invece essere tassata con una flat tax al 10%. Dunque, se un dipendente pubblico riceve un premio di 2.000 euro legato a una performance certificata, su parte di quella cifra pagherebbe solo il 10% di imposta, invece delle normali aliquote IRPEF che possono arrivare fino al 43%. Un risparmio fiscale significativo che potrebbe incentivare sia i lavoratori che le amministrazioni a utilizzare maggiormente lo strumento dei premi di risultato.
Flat Tax Sugli Aumenti Contrattuali: Il Nodo del Pubblico Impiego
Accanto alla detassazione dei premi, la manovra prevede anche una flat tax al 5% sugli aumenti di stipendio derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Tuttavia, questa misura – che vale circa 2 miliardi di euro per il triennio 2026-2028 – presenta un elemento problematico: secondo alcune ricostruzioni, la detassazione riguarderebbe solo i lavoratori con redditi fino a 28.000 euro e sarebbe riservata esclusivamente ai dipendenti del settore privato.
Come spiega Qui Finanza, l’incentivo fiscale varrebbe solo per i contratti privati, escludendo per esempio scuola, sanità e dipendenti dei ministeri, ossia circa 3 milioni di lavoratori del settore pubblico. Questa disparità di trattamento ha immediatamente sollevato critiche da parte dei sindacati pubblici e potrebbe portare alla messa in discussione dell’intera misura durante l’iter parlamentare della manovra.
La giustificazione fornita dal governo per questa esclusione è che i lavoratori pubblici hanno già visto i propri aumenti finanziati fino al 2030 e che, giacché l’inflazione nel 2024 è scesa più del previsto, gli aumenti già decisi risultano leggermente superiori all’inflazione reale. Si tratta però di un vantaggio marginale che non compensa l’esclusione dalla detassazione prevista per i privati.
Il meccanismo della flat tax al 5% sugli aumenti contrattuali è pensato per contrastare il cosiddetto “fiscal drag”, ossia quel fenomeno per cui quando i salari crescono per effetto dei nuovi contratti, le tasse si “mangiano” gran parte di quell’aumento, lasciando pochi euro netti in busta paga. Infatti, se il contratto collettivo riconosce un aumento di 100 euro lordi, con l’attuale tassazione in busta paga arriverebbero tra i 60 e i 65 euro netti, a seconda dello scaglione IRPEF. Ma con la tassazione separata al 5%, in busta paga arriverebbero 95 euro netti.
Il Potenziamento dei Premi di Produttività nel Privato
Per il settore privato, la manovra conferma e potenzia anche le agevolazioni già esistenti sui premi di produttività. Con la scorsa legge di bilancio, per il triennio 2025-2027, questi importi aggiuntivi già scontavano una flat tax al 5%, anziché al 10%, fino a 3.000 euro. Ora l’aliquota potrebbe passare dal 5% all’1% e la soglia arrivare a 5.000 euro.
Inoltre, si parla di introdurre una flat tax anche sul lavoro notturno e straordinario, in linea con gli obiettivi della riforma fiscale in corso. Quanto ai fringe benefit – i bonus che il datore di lavoro sceglie di erogare insieme agli stipendi – il limite di esenzione fiscale a regime è di 258,23 euro, ma negli ultimi anni è stato via via innalzato fino a raggiungere 1.000 euro (2.000 euro per i genitori) per il triennio 2025-2027. Negli ultimi giorni si è parlato di raddoppiare ulteriormente questo limite, ma non ci sono ancora conferme ufficiali.
Una Manovra tra Equilibri Difficili e Risorse Limitate
La legge di bilancio 2026 si muove in uno spazio di manovra estremamente ristretto. Con soli 18,7 miliardi di euro a disposizione – meno rispetto agli anni precedenti – il governo deve fare i conti con i vincoli del nuovo Patto di Stabilità europeo, che impongono di ridurre progressivamente il rapporto deficit/PIL al 3,3% nel 2025 e al 2,8% nel 2026.
Per reperire le risorse necessarie, oltre all’aumento delle accise sul tabacco, il governo punta su tagli ai ministeri per 8 miliardi in tre anni, sull’aumento delle imposte sulle banche e su altri provvedimenti minori. Tuttavia, come ha ammesso lo stesso ministro Giorgetti, sarà “una manovra di sacrifici” che chiederà contributi “da tutti”, cittadini e imprese.
Sul fronte dell’IRPEF, il governo interviene ancora una volta cercando di alleggerire il carico fiscale sui redditi medi. La manovra prevede infatti di tagliare lo scaglione per i redditi tra i 28.000 e i 50.000 euro dal 35% al 33%, un vantaggio che sarà però sterilizzato sopra i 200.000 euro. Inoltre, viene confermata la flat tax al 15% per i redditi da lavoro dipendente o da pensione fino a 35.000 euro, innalzando quindi la soglia rispetto ai precedenti 30.000 euro.
Le Incognite dell’Iter Parlamentare
Nonostante l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, la manovra dovrà ora seguire il suo iter parlamentare per dare concretezza a tutte le misure previste. Ed è proprio durante questo passaggio che potrebbero emergere modifiche significative, soprattutto sulla questione della detassazione degli aumenti contrattuali nel pubblico impiego.
I sindacati dei dipendenti pubblici, infatti, hanno già annunciato battaglia contro quella che considerano una discriminazione ingiustificata. Come ha dichiarato la FLP (Federazione Lavoratori Pubblici), “bene la detassazione su premi di produttività anche nel pubblico”, ma resta “parziale rispetto alle altre nostre richieste” e soprattutto non compensa l’esclusione dalla detassazione degli aumenti contrattuali.
Anche sul fronte politico potrebbero emergere tensioni. L’opposizione ha già annunciato che presenterà emendamenti per estendere ai dipendenti pubblici tutte le agevolazioni fiscali previste per i privati, mentre alcuni esponenti della maggioranza stessa sembrano sensibili al tema dell’equità di trattamento tra settore pubblico e privato.
Prospettive e Incertezze
Ebbene, la manovra 2026 si presenta come un equilibrismo difficile tra l’esigenza di rispettare i vincoli europei sul deficit e la necessità di sostenere il potere d’acquisto di lavoratori e famiglie in un contesto economico ancora fragile. Infatti, le misure annunciate – dall’aumento delle sigarette alla detassazione dei bonus nella PA – rappresentano tentativi di quadrare il cerchio senza alienarsi il consenso di ampie fasce della popolazione.
Tuttavia, rimangono aperte molte questioni. La detassazione sui premi di produttività nel pubblico impiego avrà davvero un impatto significativo sui circa 2,6 milioni di dipendenti interessati, oppure si tratterà di una misura simbolica con effetti limitati? E soprattutto, l’esclusione dei dipendenti pubblici dalla flat tax sugli aumenti contrattuali resisterà all’iter parlamentare, oppure verrà modificata sotto la pressione dei sindacati e di parte della maggioranza?
Quanto all’aumento delle sigarette, resta da vedere se i produttori trasferiscano integralmente l’aumento delle accise sui consumatori, portando effettivamente a un rincaro di 1,5 euro a pacchetto entro il 2028, oppure se assorbano parte dell’incremento fiscale per mantenere la competitività dei loro prodotti. Inoltre, bisognerà verificare se l’aumento dei prezzi avrà l’effetto sperato di ridurre il consumo di tabacco, contribuendo così agli obiettivi di salute pubblica, o se si limiterà a essere un’ulteriore fonte di gettito per lo Stato senza impatti significativi sui comportamenti dei fumatori.
Dunque, mentre il testo della manovra inizia il suo percorso parlamentare, milioni di lavoratori pubblici e privati, così come milioni di fumatori, attendono di capire quale sarà l’impatto reale di queste misure sulle loro tasche. Infatti, come spesso accade con le leggi di bilancio, il diavolo si nasconde nei dettagli tecnici e nell’implementazione concreta di misure che sulla carta possono apparire vantaggiose ma che nella pratica potrebbero rivelarsi meno generose di quanto annunciato. Pertanto, solo nei prossimi mesi si potrà valutare se la manovra 2026 avrà raggiunto i suoi obiettivi di equilibrio tra rigore fiscale e sostegno ai redditi, oppure se avrà finito per scontentare tutti senza accontentare nessuno.