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Cronaca

Attacco Israeliano alle Forze di Pace Unifil: Crosetto Denuncia “Scelta Precisa, Non un Errore”

Un episodio di gravità inaudita ha scosso la comunità internazionale il 3 settembre scorso, quando l’esercito israeliano ha sganciato quattro granate in prossimità dei caschi blu della missione di pace Unifil in Libano. L’incidente, definito dall’Unifil stesso come “uno degli attacchi più gravi” contro il personale internazionale dal cessate il fuoco di novembre 2024, ha provocato immediate e durissime reazioni diplomatiche, in particolare da parte dell’Italia, che guida il settore occidentale della missione.

La Dinamica dell’Attacco: Granate a Venti Metri dai Peacekeepers

L’episodio si è verificato martedì mattina nei pressi del villaggio di Marwahin, al confine tra Libano e Israele, mentre i militari dell’Unifil erano impegnati in un’operazione di routine per rimuovere i blocchi stradali che impedivano l’accesso a una postazione delle Nazioni Unite. Secondo la ricostruzione fornita dalla stessa forza di pace, alcuni droni delle Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno sganciato quattro ordigni nella zona, con una granata esplosa a meno di venti metri dai peacekeepers e le altre tre cadute entro un raggio di cento metri.

Tuttavia, ciò che rende ancora più grave l’accaduto è che l’esercito israeliano era stato preventivamente informato dei lavori di sgombero stradale in corso nell’area. Infatti, come prassi consolidata, l’Unifil aveva comunicato tanto alle forze armate libanesi quanto a quelle israeliane la natura e la localizzazione dell’operazione. Pertanto, l’attacco non può essere giustificato da una mancanza di coordinamento o da un’informazione insufficiente.

La sequenza degli eventi, così come ricostruita dai testimoni, mostra che un drone israeliano è partito dal sud della Linea Blu – la linea di demarcazione tra i due paesi – ed ha iniziato a sorvolare con insistenza l’area in cui operavano i militari delle Nazioni Unite, prima di sganciare gli ordigni. L’operazione di sgombero è stata immediatamente sospesa per ragioni di sicurezza, mentre il personale Onu si è messo al riparo dalle esplosioni.

Le Accuse di Crosetto: “Una Scelta Precisa, Non un Errore”

Il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha reagito con particolare fermezza all’accaduto, respingendo categoricamente ogni interpretazione che potesse ricondurre l’episodio a un errore umano o a un incidente. “È un atto rilevante, grave”, ha dichiarato il ministro, aggiungendo che “la differenza con gli episodi passati è che questo fatto, che ha toccato Unifil ed anche il nostro contingente, non è un errore, una cosa accaduta indipendentemente dalla volontà dell’IDF ma, a quanto ha comunicato Unifil, una scelta precisa”.

Guido Crosetto foto ufficiale cropped

Le parole di Crosetto assumono un significato particolare poiché, negli episodi precedenti, Israele aveva sempre sostenuto di aver colpito per errore le postazioni dell’Unifil. Infatti, tra ottobre e novembre del 2024, diverse basi erano state attaccate lungo la Linea Blu, ma l’esercito israeliano aveva sempre parlato di “incidenti” involontari. Questa volta, però, il ministro italiano ha voluto sottolineare come l’attacco sia stato “tanto preciso da parte loro quanto incomprensibile e inaccettabile da parte nostra”.

Inoltre, Crosetto ha annunciato che “esprimerà con tutta la forza possibile al mio omologo israeliano la nostra totale disapprovazione (e qualcosa in più) per quanto accaduto”, lasciando intendere che l’Italia potrebbe adottare misure più concrete per manifestare il proprio dissenso verso l’operato israeliano. Anche il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha condannato i raid, ricordando che l’Unifil “lavora per garantire sicurezza e stabilità del Libano”.

Dal canto suo, l’esercito israeliano ha fornito una versione completamente diversa degli eventi.

AvichaiEdrai

Il portavoce in lingua araba delle IDF, Avichay Adraee, ha scritto su X che le forze israeliane “non hanno aperto il fuoco in modo intenzionale contro le forze Unifil”. Secondo questa ricostruzione, una forza presente in un sito nel sud del Libano “ha identificato un sospetto e sono state lanciate granate stordenti per allontanare la minaccia”.

Tuttavia, questa spiegazione appare contraddittoria rispetto ai fatti accertati. Anzitutto, l’Unifil aveva comunicato preventivamente la propria presenza nell’area, dunque l’identificazione di una “presenza sospetta” risulta difficilmente giustificabile. In secondo luogo, le granate utilizzate non erano “stordenti” come sostenuto dall’IDF, bensì ordigni esplosivi che hanno causato danni reali e messo seriamente a rischio la vita dei peacekeepers.

Benché l’esercito israeliano abbia dichiarato che “la sicurezza dei nostri civili rimane la nostra massima priorità”, questa affermazione non spiega perché sia stato necessario attaccare una forza internazionale impegnata in operazioni di pace chiaramente identificate e preventivamente comunicate. Anzi, l’episodio sembra confermare un pattern di comportamento sempre più aggressivo nei confronti delle forze di interposizione internazionali.

Il Contesto della Missione Unifil e i Precedenti Attacchi

La missione Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon) opera nel sud del Libano dal 1978, con il mandato di monitorare la cessazione delle ostilità tra Israele e Libano e supportare lo Stato libanese nel mantenimento della sicurezza al confine. La missione conta attualmente circa 10.000 soldati provenienti da 46 paesi, tra cui un contingente italiano di 1.256 caschi blu che guida il settore occidentale dell’area operativa.

Tuttavia, la presenza dell’Unifil è sempre stata vista con sospetto da parte israeliana, specialmente dopo l’intensificarsi del conflitto con Hezbollah. Non a caso, questo non è il primo episodio in cui le forze di pace sono finite nel mirino delle IDF. Nel novembre 2024, prima del cessate il fuoco, si contavano almeno tre attacchi ai caschi blu nel sud del Libano, con quattro peacekeepers ghanesi feriti presso la base Unp 5-42 vicino al villaggio di Ramyah.

Inoltre, il 22 novembre 2024, anche il contingente italiano era stato colpito presso la base di Shama, con quattro feriti italiani non gravi causati da schegge di vetro e pietrisco. In quel caso, due razzi da 122 millimetri avevano colpito l’esterno del bunker, mentre il ministro Crosetto aveva lanciato un appello a Israele per evitare “l’utilizzo delle basi Unifil come scudo”. Ebbene, questi precedenti rendono ancora più significativa la posizione assunta oggi dal ministro italiano.

L’attacco ha suscitato immediate condanne da parte della comunità internazionale.

L’Unifil ha definito l’episodio “inaccettabile” e una “grave violazione della Risoluzione 1701 e del diritto internazionale”, mentre ha ricordato che “è responsabilità delle Forze di Difesa Israeliane garantire la sicurezza e l’incolumità delle forze di pace che svolgono i compiti assegnati dal Consiglio di Sicurezza”.

Dal punto di vista politico, l’episodio si inserisce in un momento di crescente tensione tra Israele e la comunità internazionale. Infatti, mentre a Gerusalemme i sostenitori degli ostaggi a Gaza organizzavano una “Giornata di Disordine” per chiedere la fine della guerra, l’attacco alle forze di pace ha ulteriormente complicato i rapporti diplomatici. Stefano Graziano, capogruppo del Partito Democratico in commissione Difesa, ha definito l’attacco “un atto di gravità inaudita e assolutamente inaccettabile”, sottolineando che “colpire un contingente Onu significa colpire direttamente la comunità internazionale“.

Pure l’Argentina, che aveva già ritirato i suoi soldati dalla missione dopo gli attacchi del novembre 2024, potrebbe spingere altri paesi a riconsiderare la propria partecipazione all’Unifil. Questo scenario rappresenterebbe un grave indebolimento della forza di interposizione proprio nel momento in cui il cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, siglato il 27 novembre 2024 con la mediazione degli Stati Uniti, necessita di un monitoraggio internazionale robusto.

L’episodio di Marwahin solleva interrogativi fondamentali sul futuro della missione Unifil e sulla stabilità del cessate il fuoco in Libano.

Se infatti Israele dovesse continuare a considerare le forze di pace come un ostacolo alle proprie operazioni militari, piuttosto che come garanti della stabilità regionale, la missione stessa potrebbe trovarsi in una posizione insostenibile.

Inoltre, l’attacco si inserisce in un contesto più ampio di deterioramento delle relazioni tra Israele e le istituzioni internazionali. Dal momento che la guerra a Gaza continua e la pressione internazionale su Tel Aviv aumenta, episodi come quello di Marwahin rischiano di isolare ulteriormente Israele sulla scena diplomatica mondiale. Pertanto, le parole di Crosetto assumono un significato che va oltre la semplice condanna: rappresentano un segnale chiaro che anche gli alleati di Israele non sono disposti ad accettare attacchi indiscriminati contro le forze di pace.

Dunque, mentre la comunità internazionale attende una spiegazione convincente da parte israeliana, l’episodio di Marwahin potrebbe segnare un punto di svolta nei rapporti tra Tel Aviv e l’Unifil. Come ha sottolineato il ministro Crosetto, non si tratta più di errori o incidenti, bensì di scelte precise che mettono a rischio non solo la sicurezza dei peacekeepers, ma anche la credibilità dell’intera architettura di pace internazionale nella regione. Infatti, se le forze di interposizione non possono operare in sicurezza, l’intero sistema di prevenzione dei conflitti rischia di collassare, aprendo la strada a una nuova escalation nella già volatile regione del Medio Oriente.

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