Di Guido D’Urbano
La crisi indotta dal Covid-19 ha fatto emergere in maniera violenta il conflitto – direi endemico, per usare un termine affine – tra politica e competenza, segnando un punto decisamente a favore della seconda.
Questo il succo delle riflessioni sollecitate da un lettore al direttore del Corriere della Sera e da lui condivise, nella sua rubrica di lettere di qualche giorno fa.
In sostanza, il direttore Fontana sostiene (o forse spera) che la drammatica emergenza in corso nel costringere i politici/decisori a rivolgersi alla scienza, abbia per sempre restituito alla “competenza” il ruolo che sempre dovrebbe avere nelle scelte più importanti .
Ma questa considerazione/auspicio deve portarci a riflettere sul perché la politica si muove – e si muoverà sempre , a mio avviso – su un crinale stretto, con da una parte il mondo della competenza specifica e scientifica e dall’altra il mondo dei portatori d’interesse in tutte le sue articolazioni : cittadini, categorie , imprese etc etc
Il ruolo più alto che la democrazia assegna al politico / decisore è proprio quello di catalizzatore tra i due “mondi” e di propulsore di risposte operative, risolutive dei problemi .
Dico queste cose, perché ho la sensazione che qualcuno abbia equivocato i termini della questione…
Immaginando di contrapporre la politica (incompetente) alla scienza ( competente )….La cose non stanno in questi termini e per chiarire dico subito che se il premier Conte o il ministro della salute Speranza fossero stati medici di chiara fama, invece che avvocato l’uno e laureato in scienze politiche, l’altro –
L’assunzione delle scelte fatte in tema di contrasto al Covid19 non sarebbero state né più rapide, né più illuminate , né più efficaci.Il premier britannico, Boris Johnson, mentre decideva sostanzialmente di lasciare tutto come se il virus non fosse mai esistito – business as usual –
Era affiancato da due noti scienziati che lo avevano convinto a puntare sulla immunità di gregge : ossia lasciar contagiare lentamente la popolazione fino a raggiungere – al prezzo di un ragionevole numero di morti (sic!)-
L’immunità generale….sappiamo com’è finita … dopo una settimana di crescita esponenziale dei contagi, il premier – anch’egli colpito dal virus – è tornato sui suoi passi .
Se Johnson fosse stato un medico, avrebbe rifiutato la soluzione propostagli dai due illustri “scienziati “ ? Gli amici canadesi – ad esempio – hanno messo a capo del ministero dei trasporti un astronauta, ma non credo che ciò li garantisca più di quanto non possa fare con noi la De Micheli , attuale nostra ministra delle Infrastrutture e Trasporti.
Insomma, tutto ciò per dire che la competenza specifica non deve necessariamente far parte del bagaglio del politico / decisore e la competenza deve entrare nella decisione unitamente ad altri aspetti, che il politico / decisore deve saper contemperare .
Il tecnico , infatti , potrebbe avere una visione troppo “angusta” del problema o – ad esempio –
scegliere l’opzione più comoda , meno sfidante o addirittura l’unica opzione che si senta in grado di maneggiare … visto che poi il lavoro ricade su di lui.
Ovviamente nel caso da cui siamo partiti – l’emergenza coronavirus – la posta in gioco – la salute e la vita dei cittadini – è troppo alta per immaginare scenari nei quali qualcuno possa aver giocato “al ribasso “
Ma in tutte le altre circostanze la dialettica del rapporto tra i “competenti “ ed i decisori / politici va tenuta in debita considerazione .
Ed è una dialettica proficua , che arricchisce la possibilità di problem solving , perché ognuno degli attori contribuisce in maniera vitale : i competenti con la forza della scienza , dello studio , del confronto e del riscontro nell’ambito della comunità scientifica
I politici/decisori con la conoscenza dei problemi della “gente” : cittadini, categorie, imprese etc. e con la capacità di costruire scenari di convivenza organizzata e profittevole per i cittadini.
Perché ciò avvenga è necessario : che i competenti siano veri competenti ….e in Italia questo è già un problema, che riguarda uno dei requisiti che invece il buon politico deve possedere : capacità di scelta dei collaboratori .
Ma andiamo in ordine!
Se concordate con me che la competenza specifica non è indispensabile per il politico , quali sono i viceversa gli ambiti nei quali va cercata la dimensione del buon decisore ?
Statura morale
Se non ha il senso del bene comune , se non ha la consapevolezza dell’importanza proprio ruolo, se il suo agire è solo mirato al consenso per perpetuarsi nel prestigioso e redditizio ruolo, il politico sarà sempre un decisore debole e condizionabile , quale che sia la competenza personale verso il problema del momento.
Vicinanza / populismo e social
Se populismo significa vicinanza ai problemi della gente e capacità di ascolto è sicuramente un valore ed un importante strumento per assumere decisioni utili e mirate,
Se populismo significa assecondare gli istinti della gente, anche i più retrivi ed emotivi , è un disvalore e condurrà a decisioni compulsive, di corto respiro , improntate alla reazione più che alla valutazione .
Allo stesso modo il politico di oggi – per non cadere nel populismo disvalore-
Deve saper maneggiare i cosiddetti social , che vanno utilizzati come strumento indispensabile di comunicazione, ma non come insidioso misuratore istantaneo di consenso.
Talune decisioni possono non piacere ai cittadini , ma ciò nondimeno essere giuste e necessarie e sono sempre appannaggio del politico / decisore che non può esimersi dall’obbligo di scelta , assumendo su di sé le conseguenti responsabilità .
È stato eletto per questo, non per accontentare o blandire o adulare i cittadini /elettori.
Scelta dei collaboratori
Come dicevo prima, affinché una decisione poggi su presupposti di scientifica consistenza , è indispensabile che i “competenti” siano realmente competenti ….
Forse in un altro paese, questa considerazione suonerebbe perfino offensiva, ma nel nostro, è uno dei problemi più grandi.
Eh già , perché è la politica che sceglie i vertici delle entità nazionali e locali, nelle quali – per l’appunto –
vanno ricercate le competenze necessarie per il supporto alle decisioni : aziende statali e regionali, ministeri , centri di ricerca, enti strumentali etc etc Così come è la politica che sceglie direttamente i propri collaboratori e consiglieri .
Nel tempo abbiamo assistito ad una progressiva politicizzazione dei criteri di scelta dei tecnici, che hanno via via relegato il merito e la comprovabile competenza ( requisiti, percorso d’istruzione, titoli, pubblicazioni , studi documentabili etc etc) ad una valore accessorio .
Il primo requisito è divenuto – in troppi casi – l’appartenenza , la prossimità politica al decisore o alla sua area / partito, la disponibilità a cercare soluzioni anche spregiudicate o para-legali .
Ovviamente ciò avviene quando il politico è privo o carente di quella statura morale che è requisito essenziale di un buon decisore .
Per cui tecnico beneficiario di tale stato di cose o non è proprio all’altezza di fornire supporto scientifico al processo decisionale o non fornirà suggerimenti volti a soddisfare l’interesse pubblico
Ma solo ad assecondare il politico / decisore o a tutelare il proprio personale interesse verso una scelta non complessa o rischiosa .
A questo punto , se il politico /decisore non è un tecnico ( e non è costituzionalmente obbligato ad esserlo ) e il competente è in realtà un in-competente , perché scelto senza meriti, la miscela diventa mortifera per il bene comune e gli interessi collettivi .
La dissoluzione dei partiti storici, il crollo delle ideologie, un generale imbarbarimento della società italiana, incline ad approfittare del bene pubblico, valutato come di tutti e quindi di nessuno , ha portato all’emersione di una classe politica via via più aggressiva e rapace.
Priva di solida preparazione culturale e soprattutto centrata sugli interessi particolari: personali , amicali, di partito etc più che su quelli collettivi .
Ovviamente politici di questo tipo sceglieranno tecnici compiacenti più che preparati .
A livello locale il fenomeno è ancora più rilevante e gli esiti sono talvolta imbarazzanti, tanto evidente è l’inadeguatezza di chi viene posto ai vertici di gestione della cosa pubblica .
Studio e approfondimento
L’ assenza di competenza specifica non esime il politico/decisore dallo studio e dall’approfondimento dei dossier che gli vengono sottoposti dai tecnici .
Dal mio punto di vista, non è necessario che comprenda il dettaglio delle opzioni che gli vengono prospettate, anche perché potrebbero essere tranquillamente fuori dalla sua portata, posto che nessuno potrà avere ad un tempo competenze mediche , ingegneristiche , matematiche , giuridiche etc etc È viceversa indispensabile che comprenda la ratio, la filosofia , la impalcatura logica di ciascuna opzione e abbia la capacità di valutarne l’impatto sui settori /segmenti di società destinatari dell’intervento , tenendo in adeguata considerazione tutti gli interessi in gioco , al di là della prospettiva specifica che si dà il tecnico.
Ed una volta scelta l’opzione , la farà propria assumendo su di sé ogni responsabilità , senza rimandare ai tecnici che gliel’hanno prospettata. Il decisore corretto non dirà mai di essersi fidato
! Non dirà mai di non avere le competenze per valutare !
Non gli viene chiesto , come ho cercato di spiegare ; gli viene chiesto di avere la capacità di fare sintesi , avendo sempre il polso del contesto sociale ed economico nel quale le scelte intervengono .
Questi sono i termini della dialettica che lega il politico /decisore ai “competenti” ; una dialettica tanto insopprimibile quanto proficua per l’interesse collettivo e d il bene pubblico.
Il presupposto è che il politico sia onesto e preparato a svolgere un ruolo di servizio pubblico e il tecnico sia realmente un “competente”.